Nascita di una Web Serie Musicale
Nell’estate 2012 il Festival “DAL MISSISSIPPI AL PO” (organizzato dalla Cooperativa Fedro di Piacenza ospitò Joe Boyd che in più occasione si concesse al pubblico del Festival per parlare del suo libro “WHITE BICYCLE” che da poco era stato pubblicato in Italia. Ottenni da Davide Rossi la possibilità di relazionarmi con Joe e di cercare di girare un documento tutto dedicato a lui. Sarebbe stato complicato perché –contemporaneamente- avrei dovuto girare con la mia troupe il video dell’intera manifestazione (per la cronaca la troupe era composta da Luka Moncaleano, Gigi Ruzzenenti e dai giornalisti Eleonora Bagarotti e Blue Bottazzi).
Con la macchina di Blue ed in compagnia di Eleonora ci recammo a Bologna per riceverlo all’aeroporto. Ci fu un grosso temporale che ci colse all’improvviso sull’autostrada, come se volesse ammonire “le cose con Joe non sono mai facili, ma alla lunga riescono”.
Non ci accordammo subito per l’intervista; ma nei giorni immediatamente successivi ottenni da Davide Rossi, grande sacerdote della Fedro, l’autorizzazione. Ma avrei avuto soltanto una “sosta pranzo” da sfruttare.
Volevo Joe assolutamente rilassato, che si potesse “sciogliere” in mille ricordi; ricordi che non coincidessero perfettamente con quelli di cui era pieno lo scrigno di “White Bicycle” per evitare ovvie e inutili duplicazioni.
Eleonora Bagarotti e Blue Bottazzi (che mi seguivano per fede e per amore del rock nell’avventura del Festival) come tutti sanno sono giornalisti rock ben preparati e noti; accettarono di occuparsi delle formulazione delle domande da rivolgere a Joe nell’intervista che avevo organizzato. Decisi come “location” una amabile trattoria della provincia piacentina l’Osteria della Torre a Campremoldo, dove di solito a mezzogiorno c’è pace e tranquillità oltre che un ottima scelta di piatti piacentini e di gutturnio.
Ma come dicevo la vita di Joe non ha mai ammesso “cose semplici” : ci ritrovammo nel bel mezzo di una festa di anziani signori che festeggiavano qualcosa che per la verità non chiesi nemmeno; ma il grado alcolico e la gioia di quello storno di persone era davvero eccessivo all’interno del locale. Ci adattammo pertanto sotto una pergola, e grazie a un venticello miracoloso e ai deliziosi piatti e al dolce vino iniziammo a girare. Joe aveva voglia di parlare, perché si trovava come in un territorio “amico”; non c’erano giornalisti invadenti, ma seri professionisti che sanno fare il loro lavoro ma soprattutto dei devoti e irriducibili fans; il mio filmare era tutto per Joe; il mio operatore non era potuto venire e pertanto avevo privilegiato la canon; certo la festa dei buontemponi in alcuni punti è un divertente contraltare alle parole di Joe, un contrappunto da “cinema verità” che insieme ad Alberto Callegari dello Studio Elfo abbiamo tentato di rendere il meno invasivo possibile. Joe si lanciava con piacere tra le sue miracolose memorie, raccontava con calma e dovizia ed una dose di humour tipicamente britannica; Eleonora e Blue avevano preparato alcune domande (o almeno ritengo) e Joe si adattava a quelle, con rispetto e spirito collaborativo. Avevo preparato però il colpo di scena; avevo portato con me, estraendoli dalla mia collezioni di dischi, alcuni dei dischi e cds che Joe aveva prodotto; quando li vide i suoi occhi fecero un guizzo e alla mia domanda (con un inglese più stentato di quello di Blue) di parlarci di quei capolavori, Joe non si fece pregare e per ognuno di quei cd/lps estrasse dal suo cappello magico una storia, un aneddoto, una traccia di un luminoso passato. Era bellissimo sentirlo parlare e ricordare. Il tempo passava, le bottiglie finivano e venivano sostituite da nuove; alla fine qualcuno guardò l’orologio e il tempo si riprese tutti noi. Dovevamo andare. Riposi quel prezioso materiale nell’auto e tornammo nella bolgia del festival che consiglio a tutti voi, se ancora non avete approfittato di questa magnifica occasione che Fedro elargisce ogni anno con spirito magico.
A prima vista il montaggio di quel materiale sembrava semplice: una camera fissa su Joe e i suoi favolosi ricordi. Ma la cosa non mi soddisfaceva; troppo scontato, Joe meritava di più. Passai giorni e giorni a fare la spola con Elfo per assicurare l’audio migliore che si potesse (anche se forchette e bottiglie stappate comparivano qui e là). Mi convinsi che il contrappunto sonoro pur sedato era un tappeto originale da sfruttare; osservai che le inquadrature di Joe lasciavano quasi sempre uno spazio o alla sua destra o alla sua sinistra. Decisi che anche quello spazio doveva essere sfruttato. Così mentre parlava potevano “materializzarsi” –come nei cartoons- le immagini del “parlato”. Joe parlava di Tom Wilson… sarebbe apparsa una foto di Wilson al suo fianco, il tempo necessario per far “vedere” anche a noi quel ricordo. Dovevo trovare le immagini dell’epoca,degli anni sessanta, quei luoghi, quelle persone di cui Joe parlava. Lui li vedeva, nei suoi ricordi; noi li avremmo visti/intravisti in contemporanea.
Questa idea mi piacque più di tutte; e iniziai a lavorare sulle “fonti”; un lavoro immenso di ricerca di immagini, di luoghi, di stralci di filmati dell’epoca.
Quando finii …il tutto mi dava ancora l’idea di “incompiuta”; perché? Joe parlava di musica e di gente del mondo della musica, avrei dovuto usare la stessa metodologia che avevo usato per le immagini anche per l’audio. Era un lavoro altrettanto sterminato.
A blocchi iniziai lo spunto dell’opera; feci sentire a Joe e vedere tutto a Joe; mi recai anche a Londra. Joe che ha lavorato in sala incisione per tutta una vita con molta signorilità e tatto mi disse “sei tu il regista, cura sopratutto la parte audio”. Ritornai allo Studio Elfo e Alberto Callegari fece miracoli. Ma la festa “di non so chi” era lì dietro alle parole di Joe. Avevo anche messo qua e là i riferimenti musicali.
Il lavoro era finito; non era un lavoro perfetto, ma era un lavoro incredibile, di storie vere, di aneddoti, di immagini rare, di suoni rinchiusi nel cuore di tutti noi innamorati di Joe.
Avevo notato che vedere tutto il documentario di seguito, un ‘ora di lavoro, era un’esperienza per adepti; qui si voleva coinvolgere anche i curiosi, i nuovi fans, la nuova generazione. Generazione dedita a linguaggi semplici da face book. Che fare ?
Così il documentario passò la sua ultima fase di trasformazione; diventare una web musical series. Non ce n’è mai stata una. Eravamo i primi. Pertanto presi il documentario e lo trasformai in 10 puntate da 4 a 8 minuti l’una. Devo dire che tutto iniziò a funzionare magicamente. Era il giusto passo.
Lo comunicai a Joe; con il mio inglese alla “Benigni”. Ma Joe lo capisce pazientemente. E la serie fu. E oggi ve la presento con l’umiltà di chi ama il Rock “più di se stesso”. Troverete il capitolo dedicato al rock blues (Joe partì dal blues) quello del magico UFO CLUB, i colori dei Floyd e la tristezza per Syd e Drake. Troverete l’Incredible String Band e l’incredibile Natale di Maria Muldaur.
Spero che nell’impaginazione di questo lavoro troverete l’evocazione dello spirito psichedelico; quello che ha consentito agli anni sessanta di farci fare (a tutti) un salto in avanti di milioni di anni.
Buona visione
In primis devo ringraziare due giornalisti piacentini, Eleonora Bagarotti e Blue Bottazzi, strani e folli scrittori che si nutrono di rock; a loro non è stato necessario spiegare nulla: erano in parte da “subito” e Joe con loro si è trovato assai bene e si è sciolto (complice il gutturnio) in racconti davvero sorprendenti.
DAVIDE ROSSI fac totum del festival DAL MISSISSIPPI AL PO. E’ lui che ha creato l’occasione. Per cui un grazie infinito.